Lei ama un uomo
Se lui vivesse dall’altra parte della via,
per raggiungerlo
attraverserebbe la circolazione con noncuranza.
Se fosse dall’altra parte della città,
salirebbe su una corriera affollata,
prenderebbe un treno in ritardo,
persino un taxi condotto da un uomo burbero che parla troppo.
Se lui fosse sull’altro versante di una montagna,
si arrampicherebbe con scarpe sdrucite,
si inerpicherebbe tra rocce scivolose
o camminerebbe per giorni,
fino a trovarlo sulla vetta, impassibile e assorto,
mentre lei, ansimante e stremata,
cercherebbe tra le labbra secche
le parole giuste nella sua lingua.
Se lui vivesse oltre il mare,
sgobberebbe senza sosta,
chiederebbe l’elemosina con falsa dignità,
si indebiterebbe fino all’osso
o ruberebbe con mani innocenti.
Poi salperebbe su una barca instabile,
guidata da un vento capriccioso,
fino alla riva dove lui l’aspetta,
calmo come un’onda che non si infrange mai.
No, non è così semplice:
lui vive dall’altra parte di una frontiera chiusa,
in un paese senza passaporti, senza visti,
senza neppure un documento di esistenza.
Sarebbe più vicino a lui
se abitasse sulla superficie inaccessibile di Marte.
Sarebbe più vivo per lei se fosse deceduto.
È come se lui esistesse dall’altra parte dello spartito musicale,
dove le note diventano silenzio,
dall’altro lato del gracchiare delle rane,
dove i suoni notturni si spengono nell’acqua scura.
È dietro lo specchio, un riflesso che non si può toccare.
È vicino, così vicino, ma così lontano.
Lui è la canzone di cui lei non conosce le parole.
Le parole a cui manca la musica.
È quasi un’armonia, una traccia appena udibile,
un’eco che sfugge.
Lui è un sogno inconciliabile:
più reale di ogni cosa, più dissonante di tutto.
20 gennaio 2025
per raggiungerlo
attraverserebbe la circolazione con noncuranza.
Se fosse dall’altra parte della città,
salirebbe su una corriera affollata,
prenderebbe un treno in ritardo,
persino un taxi condotto da un uomo burbero che parla troppo.
Se lui fosse sull’altro versante di una montagna,
si arrampicherebbe con scarpe sdrucite,
si inerpicherebbe tra rocce scivolose
o camminerebbe per giorni,
fino a trovarlo sulla vetta, impassibile e assorto,
mentre lei, ansimante e stremata,
cercherebbe tra le labbra secche
le parole giuste nella sua lingua.
Se lui vivesse oltre il mare,
sgobberebbe senza sosta,
chiederebbe l’elemosina con falsa dignità,
si indebiterebbe fino all’osso
o ruberebbe con mani innocenti.
Poi salperebbe su una barca instabile,
guidata da un vento capriccioso,
fino alla riva dove lui l’aspetta,
calmo come un’onda che non si infrange mai.
No, non è così semplice:
lui vive dall’altra parte di una frontiera chiusa,
in un paese senza passaporti, senza visti,
senza neppure un documento di esistenza.
Sarebbe più vicino a lui
se abitasse sulla superficie inaccessibile di Marte.
Sarebbe più vivo per lei se fosse deceduto.
È come se lui esistesse dall’altra parte dello spartito musicale,
dove le note diventano silenzio,
dall’altro lato del gracchiare delle rane,
dove i suoni notturni si spengono nell’acqua scura.
È dietro lo specchio, un riflesso che non si può toccare.
È vicino, così vicino, ma così lontano.
Lui è la canzone di cui lei non conosce le parole.
Le parole a cui manca la musica.
È quasi un’armonia, una traccia appena udibile,
un’eco che sfugge.
Lui è un sogno inconciliabile:
più reale di ogni cosa, più dissonante di tutto.
20 gennaio 2025